Perché ridurre i tassi di conversione?

La necessità di implementare una riduzione progressiva delle aliquote di conversione, utilizzate per il calcolo delle pensioni erogate, nasce dal fatto che il loro ammontare attuale è troppo elevato in relazione ai parametri tecnici che vanno presi in considerazione per determinarle. Tali parametri sono essenzialmente le tavole di mortalità (attualmente IPCT usa le tavole VZ 2020 generazionali) ed il tasso tecnico (attualmente fissato al 2%).


Un intervento sulle aliquote di conversione non intacca il valore finale del capitale di vecchiaia accumulato dalle persone assicurate al momento del loro ritiro dalla vita attiva e di conseguenza gli assicurati che decidono di prelevare il capitale al momento del pensionamento non sono toccati dalla riduzione dei tassi di conversione. La riduzione delle aliquote di conversione comporta invece una diminuzione del livello della pensione annua, visto che tale aliquota è proprio il tasso percentuale che trasforma il capitale accumulato in una rendita vitalizia.

 

In poche parole, l’aliquota di conversione deve essere stabilita in modo da rendere possibile, in base alla speranza di vita dei pensionati, il finanziamento delle pensioni tramite i capitali da essi effettivamente accumulati, e dall’interesse attribuito agli stessi capitali rimanenti mentre le rendite vengono pian piano erogate. Se l’aliquota di conversione fosse eccessiva, un istituto di previdenza finirebbe con il sottrarre una quota importante del patrimonio agli assicurati attivi per finanziare la pensione di chi attivo non lo è più, e ciò risulterebbe iniquo.

 

La tabella sottostante illustra bene l’evoluzione dei parametri tecnici e di quello che avrebbe dovuto essere il conseguente tasso di conversione neutrale nel recente passato:

Si nota che già dal 2015 le aliquote di conversione applicate risultavano eccessive rispetto a quelle matematicamente corrette, ma allora perché l’intervento di riduzione delle stesse non è stato immediato? Perché, in ogni caso, la quasi totalità dei nuovi pensionati in questi anni beneficiava delle garanzie secondo la norma transitoria ex art. 24 LIPCT: la loro pensione era già fissata in valore assoluto e non mutabile, indipendentemente dal tasso di conversione adottato dall’Istituto. Qualsiasi intervento in quegli anni non avrebbe avuto praticamente alcun effetto sostanziale ed è stato così possibile utilizzare questo lasso di tempo per preparare le misure di compensazione ed il loro finanziamento (cfr. sezione Misure di compensazione).

 

Qualora questa differenza fosse troppo elevata, ad esempio 6.17% a fronte di un tasso neutro dal profilo attuariale pari al 4.86% come è il caso oggi, il divario risulterebbe finanziariamente insostenibile per l’Istituto in quanto genererebbe delle perdite ricorrenti annue pari a circa CHF 50 milioni dal momento che tutti i nuovi pensionati saranno in regime del primato dei contributi.

 

In passato la legislazione federale non prevedeva obblighi particolarmente stringenti per gli istituti di previdenza pubblici al beneficio della garanzia dello Stato, ed anche in Ticino la scelta politica - concretizzata dalla vecchia legge cantonale sulla Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato - fu quella di erogare, per decenni, delle pensioni eccellenti ma di gran lunga non finanziate a sufficienza. La conseguenza è stata che il grado di copertura si è eroso fortemente nel tempo: un fardello che condiziona il presente e condizionerà anche i prossimi 30 anni almeno.

Grazie alla grande riforma strutturale e alla riforma relativa al finanziamento degli istituti di previdenza degli enti di diritto pubblico, attuate negli anni a cavallo del 2010, la LPP federale esige oggi il giusto rigore finanziario anche da parte degli istituti di previdenza che assicurano il personale di Enti pubblici ed affini, al fine di assicurarne la stabilità a lungo termine.

 

In virtù di tali disposizioni, l’Autorità di vigilanza cui è soggetto l’IPCT (la Ostschweizer BVG- und Stiftungsaufsicht con sede a San Gallo) ha ribadito al nostro Istituto la necessità di attuare una riduzione dei tassi di conversione, con le seguenti testuali parole espresse nel marzo 2023: “Richiamato l'art. 51a cpv. 1 LPP e in particolare l'obbligo fatto all'organo supremo dell'istituto di previdenza di provvedere alla stabilità finanziaria, auspichiamo ci sia presentato un piano concreto di adeguamento dei tassi di conversione al fine di rispettare quanto stabilito nel piano di finanziamento del 2 giugno 2022, approvato dall'organo supremo dell'Istituto di previdenza del Cantone Ticino il 9 giugno 2022”.

 

Insomma non è più possibile fare il passo più lungo della gamba. In concreto, un leggero scostamento del tasso di conversione applicato rispetto a quello neutrale è sostenibile se ciò erode solo qualche decimo di punto percentuale di rendimento annuo del patrimonio, ma se la non neutralità finisce per creare deficit strutturali importanti e costanti è necessario intervenire.

 

Concretamente, il Consiglio d’amministrazione di IPCT ha deciso che la riduzione avrà luogo su di un periodo di 8 anni e il tasso di conversione finale a 65 anni sarà fissato al 5.25% (e non al 5% come inizialmente ipotizzato, grazie al fatto che, nel frattempo, c’è stata una ripresa dei tassi di interesse senza rischio che permettono di considerare un rendimento atteso del patrimonio un po’ maggiore rispetto al recente passato, ed infatti anche il tasso tecnico utilizzato da IPCT è passato dall’1.5% al 2% con effetto 31.12.2022).

 

Il nuovo tasso di conversione non sarà dunque completamente neutrale, ma la perdita strutturale provocata da tale scelta (stimata in circa CHF 20 milioni annui a medio-lungo termine) è valutata come sopportabile (contrariamente all’ipotesi di mantenere il tasso di conversione attuale) e finanziabile sul lungo termine, destinandovi poche decine di punti base di rendimento atteso del patrimonio. Da notare anche che il Perito ha certificato la sostenibilità della scelta, la quale permette di mantenere intatto il rispetto del cammino di finanziamento che impone all’IPCT di raggiungere un grado di copertura di almeno l’85% entro la fine del 2051.

 

IPCT non è certo il solo istituto confrontato al tema della riduzione dei tassi di conversione: negli ultimi anni tutti gli istituti di previdenza, pubblici o privati, collettivi o aziendali, sono intervenuti adottando delle riduzioni. Anche il tasso di conversione minimo LPP è stato ridotto dal 6.8% al 6% dalle Camere Federali (ad oggi, agosto 2023, è pendente il referendum).

 

La tabella seguente (tratta dalla rivista specializzata “Prévoyance Professionnelle Suisse” Nr. 04/23) indica le aliquote di conversione in vigore presso gli Istituti di previdenza pubblici dei Cantoni svizzeri:

Pure la tabella sottostante elaborata dalla Aargauische Pensionskasse illustra chiaramente le tendenze in atto:

Per ulteriori informazioni in merito al contesto svizzero dei tassi di conversione, si veda la sezione Paragone con altre casse pensioni.

 

Le aliquote di conversione sono un parametro oggettivo, e devono imperativamente venire adattate in un periodo storico di aumento della speranza di vita e di tassi d’interesse ancora piuttosto bassi (pur se in ripresa dopo il periodo dei “tassi negativi”).

Le discussioni politiche devono eventualmente orientarsi alla definizione di misure di compensazione adeguate (vedi ad esempio il recente M 8302 del Consiglio di Stato) da contrapporre a questo fatto oggettivo, mentre non avrebbe molto senso un’azione politica tesa ad osteggiare la riduzione in sé del livello delle aliquote di conversione.

ATTENZIONE: Tutte le indicazioni qui contenute sono unicamente a scopo informativo e non vincolano l’IPCT. Esse non conferiscono alcun diritto né pretesa giuridica. In caso di evento assicurato, le prestazioni sono determinate in base alla situazione personale e alle disposizioni regolamentari in vigore in quel momento.